TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

Conosciamo e crediamo

 

I dieci comandamenti

La chiave dei dieci comandamenti rimane l'amore che è l'unico modo per farli diventare realtà, sono parole di vita in realtà, così li chiama la Bibbia ebraica

 

Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio, perché il signore non ritiene innocente chi pronuncia il suo nome invano.”[1]

 

Come si fa a nominare il nome di Dio invano quando lui in realtà ci ama sopra ogni cosa, ci ama come un padre ama i suoi figli, non si può disonorare il suo nome se si ha amore verso di lui! Il suo amore crea in noi la voglia di ricambiare quel forte amore come facciamo come mai potremo disonorare il suo nome il nome di chi perdona ogni nostro errore che ci abbraccia ogni volta che chiediamo di lui, che ci prende in braccio ogni volta che abbiamo qualche difficoltà! Ma non solo, vuol dire anche non metterlo in mezzo in discorsi più bassi di lui, in discorsi che non sono alla sua altezza, vuol dire non attribuirgli azioni che non sono degne di lui.

Ma esattamente il comandamento dalla traduzione ebraica sarebbe "non caricarti del nome di Dio invano". In effetti sarebbe un po' pochino un camando che ci dice semplicemente di non offendere il suo nome, questo in fondo sarebbe già contenuto nel primo. Infatti se ami una persona, se la metti come meta della tua vita come puoi poi offenderla? Vuol dire, invece, non caricarti il nome di Dio in maniera vuota, in una risposta a messa senza capire ciò che diciamo, in un segno di una croce che sia solo un fatto di abitudine senza un significato dietro di questo. Deve esserci un autentico rapporto con il Signore. Questo è ciò che Dio ci chiede, di realizzare un'autentico rapporto con lui di non prenderci in giro, di credere veramente in lui, non solamente di dire "Signore Signore". Di fare entrare veramente lui nella nostra vita, la nostra vita una volta incontrato lui non può rimanere uguale, ne deve per forza essere stravolta, bisogna veramente affidarsi a lui, non si può credere a Lui e tenere per sicurezza un cornetto attaccato alla macchina perchè non si sa mai se non funziona Lui almeno c'è il cornetto, non si può adorare un santino, o usarlo come porta fortuna, bisogna instaurare con Dio un giusto rapporto, un rapporto maturo. Solo un rapporto maturo ci consente di crescere, Dio non accetta i falsi rapporti, le amicizie di facciata, che al primo problema fanno "dietro front", Dio vuole persone su cui contare, persone che abbiano un vero rapporto con lui. Non vuole persone che gli chiedano le cose in preghiera quasi minacciandolo, cosicchè se non realizza ciò che voglio io non ci credo più, è importante l'insegnamento di Gesù, che ci ha dato con la sua vita e con il "Padre nostro" che ci ha insegnato. Un rapporto autentico con Dio vuol dire anche sapersi affidare a Dio.

[1] Deuteronomio 5,11

     La tradizione morale tradizionale si sviluppa quasi esclusivamente attorno a due temi : uno negativo (la bestemmia e il nominare il nome di Dio invano) e uno positivo (il giuramento e il voto).
     Per la tradizione il significato fondamentale del Nome è triplice:
  1. E' innantitutto memorioale di Dio e del suo amore, dei suoi mirabilia. Rivelando il suo Nome, Dio si rivela come colui che salva, l'uomo deve custodire il suo Nome "nella memoria in un silenzio di adorazione piena d'amore".
  2. Il nome è inoltre invocazione. Rivelandosi col Nome, Dio dà la possibilità di chiamarlo, invocarlo, pregarlo.
  3. Infine è glorificazione. Dio rivela il Nome perchè il popolo lo glorifichi, ossia lo faccia conoscere alle genti.
     
      Va quindi superata un'interpretazione puramente cultuale dell'invocazione del Nome del Signore. E' tutto l'essere del credente, e quindi tutto il suo agire, che devono essere qualificati come invocazione del Nome.
      Ci sono anche modi espliciti poi di invocare il nome di Dio, essi possono avere anche il valore di promesse, compiute talora per devozione personale.
       Il giuramento: è una speciale invocazione del Nome di Dio a testimone della verità. Si è soliti distinguere tra giuramento assertorio o promissorio. Con il primo l'uomo che giura pone una affermazione, fa una asserzione invocando  Dio in quanto Verità. Con il secondo, l'uomo che giura emette una promessa invocando la fedeltà di Dio. Ordinariamente le relazioni sociali si mantengono e sviluppano attraverso la parola verace e sincera garantita dalla persona stessa, ma in situazioni eccezionali la parola umana può richiedere una garanzia superiore. Le condizioni per la validità del giuramento sono la verità, altrimenti si ha lo spergiuro; la giustizia; il giudizio (nel senso di ragione proporzionata e di prudenza. Se Gesù disapprova il giuramento in Mt 5,33-36 ("Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; [34]ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; [35]né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. [36]Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. [37]Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. ") era perchè l'interposizione della realtà divina era diventata un intercalare troppo frequente, spesso per cose futili. L'abuso di giuramento scredita la parola.
     Il voto ha un valore personalistico. Con il voto la persona dispone di se stessa di fronte a Dio in un voto di oblazione, di una consacrazione di una promessa.

Lo scongiuro consiste nel tentativo di indurre una persona a fare o ad omettere qualcosa, interponendo il Nome di Dio. Si esprime così la sottomissione a Dio da parte di chi scongiura e il riconoscimento della sua divinità, nel senso che il Nome di Dio è tanto degno di venerazione che, uditolo, l’altro è spinto a compiere una cosa buona o a non farne una cattiva. Per la liceità dello scongiuro si richiedono:  serietà di atteggiamento, un motivo proporzionato, un fine buono e lecito.

Lo scongiuro può essere fatto in forma semplice o solenne, deprecativa o imperativa. In quest’ultimo caso lo scongiuro può essere rivolto solo ad esseri inferiori, o al demonio, interponendo il Nome di Dio. Gli scongiuri, che il ministro ‑ a ciò deputato dalla Chiesa fa in Nome di Dio e con autorità contro il demonio, prendono il nome di esorcismi.  Essi consistono nell'imposizione delle mani e in preghiere a Dio, o ingiunzioni, al demonio per scacciarlo (esorcismo solenne) o per reprimerne il potere (esorcismo semplice).

Il secondo comando poribisce l'abuso del Nome di Dio sia sotto forma di imprecazioni, in cui viene inserito il nome di Dio senza bestemmia ma sono una mancanza di rispetto verso il Signore, si tratta di parole di odio e di ira; sia con le bestemmie che consistono in pensieri, gesti o parole che sia oltraggiosi della divinità, può trattarsi di parole di odio o di rimprovero o di sfida a Dio, o del parlare male di lui. E' bestemmia anche il ricorrere al nome di Dio per commettere un crimine o un atto contro la religione.




 

I dieci comandamenti