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"Non facciamoci del male, curiamo la vita, curiamo la famiglia, curiamo la natura, curiamo i bambini, curiamo gli anziani" Papa Francesco

Pedofilia, Vaticano: archiviata l'ultima accusa

È stata archiviata dalla Corte d’Appello dell’Oregon l’ultima causa intentata contro la Santa Sede in un caso di pedofilia negli Stati Uniti. Lunedì scorso, 5 agosto, la Corte del Nono Circuito ha preso atto del fatto che a poche ore dalla discussione della causa l’avvocato della vittima ha ritirato il ricorso contro l’assoluzione in primo grado del Vaticano avvenuta a Portland l’anno scorso. Ciò è avvenuto senza nessuna contropartita, di alcun genere, da parte del Vaticano.

L'ACCUSATO TRASFERITO - Così si è chiuso un caso giudiziario iniziato nel 2002 e che era arrivato fino alla Corte Suprema americana. Il Vaticano era accusato di aver trasferito padre Andrew Ronan in diverse città (prima in Irlanda, poi a Chicago e infine a Portland) nonostante ripetuti casi di molestie sessuali su minori. Ed era stata una vittima di Portland a fare causa alla Santa Sede.

 

Ma è stato dimostrato, in base ai documenti depositati in Tribunale nel 2011, che il Vaticano aveva saputo degli abusi di Portland solo un anno dopo che erano avvenuti (nel 1965) e che subito dopo, nel giro di poche settimane, aveva ridotto Ronan allo stato laicale, su richiesta dell’Ordine religioso di appartenenza.

CASI TUTTI ARCHIVIATI - La vittoria legale del Vaticano in Oregon è l’ultima di una serie riguardante processi per pedofilia negli Stati Uniti, che nel corso degli ultimi dieci anni hanno travolto l’immagine della Santa Sede e lo stesso Pontificato di Benedetto XVI, ma che davanti ai giudici americani non hanno retto alla prova dei fatti.

ALTRI CASI ARCHIVIATI - Oltre quello di Ronan e dell’Oregon, ce ne sono stati altri due particolarmente significativi: il caso O’Bryan in Kentucky (iniziato nel 2004 e chiuso nel 2010) E il caso «John Doe 16» («Murphy») in Wisconsin (iniziato nel 2010 e chiuso nel 2012). In tutti e tre i casi principali le accuse che si basavano sul presupposto di un coinvolgimento del Vaticano nelle vicende delle Chiese locali specialmente in relazione alla condotta dei singoli preti.

«STANCO DELL'ODISSEA GIUDIZIARIA» - Il difensore della vittima di Ronan, Jeff Anderson, ha detto martedì, che il suo cliente crede ancora che «tutte le strade portano a Roma» ma che si è stancato di questa lunga odissea giudiziaria. Jeffrey S. Lena, avvocato per la Santa Sede, intervistato dalla Radio Vaticana, ha dichiarato che il caso dell’Oregon «non avrebbe dovuto mai iniziare» in quanto «basato su una coppia di idee semplicemente sbagliate sulla Chiesa cattolica, che hanno ingannato l’opinione pubblica per anni». E cioè «che tutti i preti sono controllati dalla Santa Sede e che essa riceve informazioni sulla loro attività e prende specifiche decisioni che li riguardano, o direttamente o "attraverso" diocesi o ordini religiosi». «Ciò - invece conclude Lena - se si guardano i fatti, non è sostenibile».

GIURISPRUDENZA - In pratica rimane stabilito come giurisprudenza negli Stati Uniti che un prete non è un impiegato del Vaticano, e che la responsabilità penale e civile riguarda le diocesi o nel caso di appartenenti agli ordini religiosi agli Ordini stessi. Anderson ha invece sottolineato che in ogni caso il giudice dell’Oregon ha stabilito che il Vaticano «non è immune in base al Foreign Sovereign Immunities Act, questa è un’importante vittoria: più che una fine questo per noi è un inizio, perché questo caso ci apre una porta».

PAPA FRANCESCO - Di recente Papa Francesco in un incontro con il prefetto dell ex Sant Ufficio ha ribadito la tolleranza zero nei confronti della pedofilia (una strada intrapresa con forza da Benedetto XVI) e la necessità di un forte impegno in questo senso delle Conferenze episcopali nazionali (quella italiana, la Cei, ancora non prevede la denuncia automatica ed obbligatoria all autorità giudiziaria da parte dei superiori che vengono a conoscenza degli abusi) come avviene dal 2004 negli Stati Uniti.

 

Fonte: Corriere della Sera